Prima di partire con il racconto vero e proprio volevo dirti che tengo particolarmente a parlarti di questa verticale organizzata da ONAV Cagliari. Il motivo è presto detto: l’Ageno de La Stoppa è uno dei miei vini del cuore. È stato tra i primi bianchi macerati di cui mi sono innamorato nel mio irreversibile passaggio ai naturali. Nonostante nel corso degli anni il vino sia cambiato, e con lui anche io (considerazione da non sottovalutare), per me bere l’Ageno è sempre una grande emozione, la stessa che ti dà rientrare a casa dopo un lungo viaggio di lavoro oppure il tornare in un posto speciale di cui riesci solo ad ammirare la bellezza lasciando che ogni pensiero scivoli via senza lasciare strascichi.
Ora però è tempo di andare avanti con il racconto della serata e soprattutto dei sei vini in degustazione.
Come anticipato la verticale di Ageno è stata organizzata dalla sezione ONAV di Cagliari, nella fattispecie da Vasco Ciuti (ti avevo parlato di lui qui).
Quello che non ti ho ancora detto però è che erano presenti anche due grandi ospiti.
Uno è Matteo Gallello, grande divulgatore del mondo vino, per oltre 10 anni colonna portante di Porthos Racconta e cofondatore della rivista semestrale Verticale.
L’altro grande partecipante della serata è Giulio Armani, vignaiolo e cantiniere storico de La Stoppa.
La prima parte della serata si è svolta con Giulio che, in una sorta di dialogo con Matteo, ha raccontato la sua lunga storia all’interno de La Stoppa e dei cambiamenti che l’azienda ha intrapreso negli anni fino ad arrivare ai giorni nostri.
L’azienda agricola La Stoppa fu acquistata dalla famiglia Pantaleoni nel 1973 dall’avvocato Ageno. Giulio entrò a farne parte tra il 1980 e il 1981 dalla “porta di servizio“, come dice lui. Infatti iniziò come semplice operaio a tempo determinato per poi essere subito inserito nella squadra che effettuava le potature. L’azienda all’epoca contava 18 ettari di vigneto che negli anni seguenti aumentarono fino a diventare una trentina.
Il lavoro della cantina andava molto bene, pur con una filosofia completamente diversa rispetto a quella di ora. Erano i tempi in cui nei Colli Piacentini si consigliava di coltivare tanti vitigni internazionali per “migliorare” quelli autoctoni (Chardonnay o Viognier per la Malvasia, Cabernet Sauvignon o Syrah per Barbera e Bonarda/Croatina).
Giulio, nel frattempo passato a cantiniere, nonostante le vendite andassero benissimo non era particolarmente contento del suo lavoro. Molto semplicemente, i vini che produceva non assomigliavano a quelli dei suoi nonni e quindi iniziò con l’evitare certe pratiche enologiche “convenzionali”. Andò persino in Francia a studiare per cercare di dargli un carattere più territoriale, più autentico.
Poi nel 1993, quando Elena Pantaloni, la figlia, prese in mano l’azienda. ci fu la svolta definitiva. Nonostante il loro Sauvignon Blanc andasse benissimo sul mercato decisero di espiantarne le vigne a favore della Malvasia di Candia Aromatica. Dal 1997 al 2002 rimasero senza un bianco sul mercato e nel 2001 presero la decisione di produrre un macerato in quanto capirono che nella buccia dei loro acini erano presenti sostanze che potevano dare qualità e longevità anche ai loro vini.
La prima annata di Ageno fu la 2002 ed è inutile dirti che generò quasi uno shock nel mondo del vino. Il nome che diedero a questo vino è un palese omaggio all’avvocato Ageno che con passione e dedizione portò avanti l’azienda praticamente fino alla sua morte.
Giulio, nel corso della serata, ci ha inoltre spiegato i terreni da cui nascono i loro vini, terre aride caratterizzate dalla presenza di lingue di argilla rossa. Prima di passare agli assaggi ci ha poi raccontato che tra le diverse annate, oltre al clima, cambiano anche le percentuali delle uve presenti, con un aumento considerevole della Malvasia di Candia Aromatica nei millesimi più giovani. Le altre uve sono sempre Ortrugo e Trebbiano.
Passiamo ora alle mie umili sensazioni su questi sei fantastici vini. Ah, non mi soffermerò, come sempre, su colori e profumi, ma passerò direttamente alle impressioni gustative.
AGENO 2005: contratto e un po’ nervoso, inizialmente si sviluppa soprattutto sulla lingua dimostrando “peso” e trama tannica. Con il passare dei minuti si fa meno teso, l’acidità e il tannino appaiono meglio integrati e il sorso risulta molto equilibrato, profondo e complesso, più ampio rispetto al primo assaggio.
AGENO 2006: anche questa annata mette in mostra una bella grinta che però non si affievolisce con il passare dei minuti. Il tannino è ancora vispo e coinvolge tutta la bocca. Più asciutto e teso rispetto all’annata precedente. Un sorso sicuramente più impattante, ma comunque piacevole e affascinante.
AGENO 2010: parte con un sorso più morbido e gentile, seppure con un peso sulla lingua sempre importante. Dopo però si scatena e tira fuori una grinta incredibile. Si fa più deciso, le sensazioni morbide iniziali quasi spariscono. Per certi aspetti ricorda la 2006, ma con un’evoluzione completamente diversa.
AGENO 2011: quest’annata l’ho trovata un po’ particolare, diciamo confusa e con il passare del tempo non è cambiato granché. Resta però un vino più leggero rispetto agli altri e sembra che si sollevi mentre scorre. Insomma: un sorso più delicato e dai sapori un po’ sbiaditi.
AGENO 2016: pieno e succoso. A renderlo particolare è un modesto residuo zuccherino e una volatile che ha il ruolo importantissimo di sorreggere tutto il peso del sorso. Mantiene una bella complessità nonostante la parte aromatica inizi a prevalere parecchio sulle altre sensazioni. Il risultato è uno degli assaggi più affascinanti di tutta la batteria.
AGENO 2019: sicuramente il vino più leggero e meno impegnativo. Si sente che è una fase di gioventù e si lascia bere con brio e semplicità. È quello in cui ho sentito maggiormente la parte salina. Sicuramente andrà assaggiato tra qualche anno per capire meglio quale evoluzione potrà avere.
Quello che è venuto fuori da questa verticale sono ovviamente dei vini dai tratti simili, ma dai caratteri diversi. È stato un po’ come conoscere sei fratelli, ognuno con una propria personalità ben definita che andava ben oltre le somiglianze.
Sarà scontato dirlo, ma è stata veramente una serata incredibile. Non capita tutti i giorni di poter bere sei annate di Ageno, un vino iconico, ma anche divisivo, che ha fatto innamorare tantissime persone, come ti ho gia detto me compreso.
Ringrazio di cuore Giulio Armani per essere stato con noi e per averci portato la sua grande esperienza. Un grande grazie va anche a Matteo Gallello che ormai è un amico di ONAV Cagliari e infatti non mancheranno altre serate con lui. Ultimo, ma non per importanza, il mio ringraziamento va a Vasco Ciuti per la solita impeccabile organizzazione.
Ora però sono curioso di sapere la tua esperienza con l’Ageno. Sei rimasto folgorato quanto me oppure sei tra quelle persone che non lo amano proprio?