Per un foresto come me, Milano rappresenta uno sfavillante parco giochi in continua evoluzione, dove nascono e muoiono mode gastronomiche a una tale velocità da infastidirmi la psiche e lo stomaco, tendenze che la rendono praticamente impossibile da fotografare in modo preciso e puntuale.
Infatti, sono convinto che il mio tentativo di raccontare Trippa nel 2021, a un quinquennio di successi dalla sua nascita, potrebbe suonarti un filino noioso. Cosa rimane ancora da dire sulla cucina dell’istrionico Diego Rossi o sul format messo in piedi con il suo socio, Pietro Caroli? Sicuramente nulla di nuovo.
Eppure non deve stupire che alla domanda “Senza pensarci troppo mi spari 3/4 esperienze che posso fare solo lì? Accessibili, anche etniche…”, posta a un foodie addicted locale come Alberto Rigolio (uno dei clienti dell’anno per Le Guide de L’Espresso 2020), la prima menzione in risposta fosse proprio Trippa.
Insomma una testimonianza che il fuoco di una rivoluzione (qui si parla della trattoria che ha per certi versi, stilistici e gustativi, rimodernato i canoni della medesima tipologia), non sì può spegnere tanto facilmente. Anche a Milano. A prescindere dalle mode del momento. Perché? Perchè Trippa non è una moda. Ancora oggi i tentativi d’imitazione continuano a spuntare manco fossero funghi.
In questo periodo poi riservare da Trippa è diventato anche più facile: le prenotazioni per la data scelta vengono aperte sul loro sito a mezzogiorno del giorno precedente. Per farla breve, con un po’ di fortuna, due click e l’esperienza è servita. Tanto è vero che, a causa di un’improvvisa trasferta a Milano, sono riuscito a prenotare un tavolo per tre senza troppe difficolta. E questi sono i piatti che al “fate voi”, una volta accertato il nostro livello di fame, ci sono stati serviti in uno stupendo gioco di condivisione tra i commensali. E in un momento storico tanto dissennato la condivisione, fidati, è un toccasana.
Quella di Diego Rossi è una cucina golosa che suona rock ‘n roll, che pesta sui pedali dell’umami senza mai passare il limite del saporito. Figlia di tecnica, intelligenza e di una scelta etica e ispirata della materia prima. Che dà respiro alla cucina tradizionale italiana riportandola in auge, trasformando infiniti spigoli in un cerchio praticamente perfetto. Che stupisce attraverso la concentrazione gustativa e l’accessibilità per il palato di chiunque. Anche tu affidati, lascia fare: il divertimento è assicurato.
Il menù varia di continuo dando spazio a tagli poveri di carne e pesce, frattaglie e a tutto quello che lo chef ha voglia di cucinare. Permangono solo alcuni capisaldi del locale come l’iconico vitello tonnato e la trippa fritta. L’impiattamento è macho, senza fronzoli come la mise en place e l’arredamento vintage, old school.
La carta dei vini (150 etichette abbondanti), gestita su QR code e servita con passione da Pietro, è una fresca fotografia enoica dalla spiccata verve naturale. È presente una interessante proposta al bicchiere e i ricarichi sono in linea con la scena milanese. Noi, per esempio, ci siamo divertiti con il Les Vins Pirouettes 2015 di Binner (50,00 euro).
Sarà anche stato detto tutto su Trippa, eppure il senso di stupore e la voglia di ritornarci, ancora e ancora, non accennano a sparire. Se non ci sei ancora stato, vacci, ma non preoccuparti, non c’è fretta. D’altronde non è una moda destinata a sparire. Garantito.
Trippa
Via Giorgio Vasari, 1
20135 Milano (MI)
+39 327 668 7908
www.trippamilano.it
Piatti alla carta: 12,00/20,00 euro, dolci 6,50
Pane, acqua e coperto: 2,5 euro
PS: se indovini l’identità del commensale rimasto nella copertina del post, vinci un pasto per due persone offerto da lui nel suo locale.