Storie autentiche di vino, cibo e persone

Se dovessi scegliere un’immagine o qualcosa del genere per rappresentare il Salento, non penserei al mare o alle spiagge “caraibiche”, né ai muretti a secco che cingono viti e ulivi, ai misteriosi dolmen (le tombe collettive) o ai fichi d’india di cui è disseminato. In realtà, probabilmente, penserei alla luce.
Sì, alla luce del sole che si riflette sugli specchi d’acqua cristallini, sulle pietre delle case tipiche e sulla terra dei campi coltivati, in un gioco di energia che talvolta stordisce, ma soprattutto corrobora l’anima.
Alla luce delle tante luminarie installate nelle piazze barocche e medievali per celebrare le feste patronali o più semplicemente abbellire i centri storici regalando un po’ di felicità ad autoctoni e foresti.
O ancora, alla luce calda e diretta che proviene da un piccolo ristoro, da appena 14 coperti, situato alle porte centro storico di Lecce, dove tre giovani – Silvia Antonazzo e Marco Borelli in sala, Solaika Marrocco in cucina – mettono in scena uno spettacolo ad alto godimento gastronomico fortemente ispirato agli ingredienti e ai sapori del Salento.
Il ristorante, inaugurato nel febbraio del 2016, si chiama Primo (restaurant). Perché? Perché è la loro prima avventura imprenditoriale autonoma e perché qui la soddisfazione del cliente è al centro del progetto, elevata appunto a missione personale, a primo pensiero.

Pula, oramai conoscendomi come le tasche della sua borsa, aveva già capito che la mia smania estiva di visitare la “Firenze del Sud“, nascondeva altro e infatti, alle 20.30 di un sabato sera agostano, certamente non il momento migliore per visitare una città (o un ristorante), abbiamo varcato le porte di Primo restaurant. Cioè, ci abbiamo provato, ma non ci siamo accorti che bisognasse suonare il campanello.  Fortunatamente ci hanno visto armeggiare in modo più goffo che sospetto e sono venuti ad aprirci.

Primo Lecce Ristorante

Appetizer

Anguria, foglie e polvere di cappero

Cevice di ricciola e spigola

Baccala, spuma di finocchietto e ciliegia

Primo restaurant Lecce Parmigiana Ristorante

Parmigiana di melanzane, pomodoro, besciamella al grano arso e basilico

Animella, gambero crudo e arancia

Primo restaurant Lecce Scapece

Ravioli di scapece, alici, beurre blanc, zafferano

Riso, bisque di crostacei, caramello di aceto e scampi

Primo restaurant Lecce Maialino Ristorante

Pancia di maiailino, fragole e peperoni

Pre-dessert

Primo restaurant Lecce Dolce Ristorante

Un dessert talmente buono da farmi scordare il suo nome

Tiramisù

Piccola pasticceria

Tanto diretta da risultare accecante, la cucina di Solaika spinge forte senza passare mai il “limite”. Attuale e orgogliosa delle proprie origini, in contrasto con le architetture della città per nulla barocca, sempre pensata e pesata. Goduriosa e identitaria, nel nostro caso dalla prima all’ultima portata.
Ho adorato la voluttuosità dell’iconica parmigiana, l’esecuzione e gli accostamenti dei ravioli e del maialino. Pula, che si sogna ancora il risotto, continua a dirmi di sottolineare la solo apparentemente semplice bontà dei dolci. Fatto.
Nell’intima sala, dall’alto soffitto a stella in pietra leccese, Silvia e Marco, valorizzando d’intesa quanto cucinato, coccolano il cliente con ritmo e sorrisi: sabato, domenica o… il risultato del servizio è garantito, anche grazie all’esiguo numero di coperti.
La carta dei vini presenta numero di referenze e ricarichi consoni alla situazione, sebbene presenti in carta non sono ancora molte le etichette “naturali”. Noi ci siamo intrattenuti con una Bombigiana 2018 di Progetto Calcareus servita al tavolo per 33,00.

Quindi? Ma ti sei rincretinito? Tutta questa luce deve averti stordito. Penso comunque che in poco tempo il nome del ristorante potrebbe assumere in quel di Lecce anche un altro, nuovo e altisonante, significato.

 

Primo Restaurant
Via 47° Reggimento Fanteria, 7
73100 Lecce (LE)
+39 0832 243 802
www.primorestaurant.it

Menu degustazione:
Degustazione Primo, 7 portate a 90,00 euro
100% Primo, 10 portate a 110,00 euro
Piatti alla carta: non me lo ricordo, sigh.