Storie autentiche di vino, cibo e persone

Metodo Classico Italiano e dintorni nasce da una serata passata tra amici ad assaggiare qualche metodo classico alla cieca senza, a essere sinceri, capirci il verso. Una serata che abbattendo le certezze dei presenti, appassionati e operatori, ha fatto nascere in me il desiderio di approfondire uno stile di vinificazione che considero il più complesso tra i canonici. Parliamoci chiaro: le variabili in campo sono così tante, che pretendere di radiografare una bottiglia dall’assaggio di un calice, diventa utopico.  E non lapidarmi se ti dico che al giorno d’oggi bere metodo classico senza cognizione di causa, in molti casi, significa fare un passo indietro rispetto all’evoluzione naturale del mondo del vino contemporaneo. Ti sei mai chiesto quali e quante criticità incontra un produttore di bolle che persegue uno stile naturale, etico e pulito?

Insomma, questo mattonazzo non vuole raccontarti chi e come è riuscito a superarle (anche perché non ne uscirei vivo) e neanche dilungarsi su vitigni, territori e disciplinari di produzione, ma solamente offrirti qualche strumento “tecnico” cosicché  possa farti le giuste domande quando scegli o assaggi un metodo classico.

Per farlo, è bastato ricercare il sapere racchiuso in Trattato di enologia 1 di Pascal Ribéreau-Gayon, Denis Dubourdieu, Bernard Donèche e Aline Lonvaud (il libro, edito in Italia da Edagricole, su cui studiano gli enologi di tutto il mondo), per postarne, insieme ad alcuni piccoli commenti, gli estratti più significativi.
Ovviamente, vista la nazionalità degli autori, si parlerà di Champagne. Ma non ti preoccupare, la questione è la stessa e per fugare eventuali ulteriori dubbi di analogia ti basterà consultare i relativi disciplinari di produzione. Ah, sappi che ho rimosso alcune parti per non complicarti la lettura o farti pensare che tutte le aziende, “convenzionali” o no, lavorano industrialmente.

Inoltre alla fine di Metodo Classico Italiano e dintorni troverai una serie di assaggi scelti tra quelli che più mi hanno emozionato in questi ultimi mesi, a prescindere da come e da chi sono prodotti.  Se anche tu poi volessi farti un’idea precisa sull’iter realizzativo di ciascuna bottiglia, la scelta migliore rimane sempre l’andare a trovarne il produttore. Buona lettura e buon viaggio.

 

La dicitura vini spumanti (VS) si applica esclusivamente a vini in cui l’effervescenza deriva dalla fermentazione alcolica condotta in recipiente chiuso. L’apporto di gas artificiale, per saturazione di diossido di carbonio (CO2) non fornisce la stessa qualità di spuma e i vini cosi ottenuti sono designati con la menzione vini spumanti gassificati (VSG).
Lo Champagne è il più prestigioso degli spumanti, si produce secondo il principio de l’appellation d’origine controlée (AOC), corrispondente alla denominazione di origine controllata (DOC), ossia su un territorio definito, con dei vitigni e una tecnologia di vinificazione rigorosamente stabiliti.
La vinificazione dei vini effervescenti si sviluppa generalmente in due tappe. Si elabora inizialmente un vino base dalle specifiche caratteristiche. In seguito, eventualmente dopo taglio di diversi vini base, si procede a una seconda fermentazione, chiamata prise de mousse (presa di spuma). Nel caso dello Champagne, la presa di spuma si fa direttamente nella bottiglia, che sarà destinata al consumo dopo avere eliminato il deposito dei lieviti mediante degorgement (sboccatura).
Per i vini elaborati con il Metodo Charmat, conosciuto anche come metodo “in vasca chiusa”, la presa di spuma si compie in autoclave, quindi segue una filtrazione con aggiunta di liqueur, infine il trasferimento isobarico nelle bottiglie definitive.
Si ricordano, nel passato, dei vini spontaneamente effervescenti, ottenuti con l’imbottigliamento precoce dei vini in corso di fermentazione e contenenti ancora zuccheri (NdA: “metodo ancestarale“, “col fondo“…). Si trattava di prodotti aleatori, poiché la fermentazione non controllata poteva essere insufficiente o, altrimenti, eccessiva (NdA: su dai, anche a me i cugini d’oltralpe non sono sempre simpatici). Nel primo caso la pressione di CO2, risultava troppo esigua, mentre nel secondo, troppo elevata, poteva comportare l’esplosione della bottiglia. Questa tecnica sopravvive ancora ai nostri giorni sotto differenti forme, ma è divenuta molto più rara. In effetti la fermentazione è arrestata con il freddo dopo il controllo degli zuccheri residui. Dopo travaso in bottiglia, viene completata per riscaldamento naturale. Questo procedimento è relativamente semplice da utilizzare, poiché il mosto bloccato con il freddo, può essere conservato più o meno a lungo e I’imbottigliamento effettuato a tempo debito.
Le difficoltà del controllo della fermentazione hanno indotto i cantinieri della Champagne, attorno alla fine del XVII secolo, a concepire la tecnica attuale che separa la vìnificazione di un vino bianco di base, ormai privo di zuccheri, e la presa di spuma. Questa viene realizzata a seguito di un’addizione controllata di zucchero (NdA: se stai pensando a lieviti e quant’altro abbi un attimo di pazienza), per cui la fermentazione corrisponde esattamente alla pressione di diossido di carbonio ricercata.

 

La vinificazione dei vini di base

Principi

Si tratta di vinificare un vino base di gradazione alcolica moderata, generalmente attorno a 11% vol., poiché una nuova formazione di etanolo si ottiene in occasione della presa di spuma, fino al raggiungimento di un grado finale prossimo a 13% vol.
Per quanto riguarda l’acidità, e la sua probabile riduzione nel corso del procedimento tecnologico, è opportuno disporre di vini di base dotati di una certa freschezza acida per avere il migliore equilibrio nel prodotto finale. La raccolta si effettủa con una maturità delle uve meno avanzata rispetto a quella considerata opportuna in altre regioni per i vini di pregio.
Di conseguenza l’estrazione del mosto si deve fare con molta cura, onde evitare la macerazione delle bucce, la comparsa dei difetti di amaro, il carattere vegetale temibile in questo tipo di vendemmie. Nel caso dello Chámpagne questi accorgimenti sono accentuati dalla necessità di non estrarre il colore delle uve dei vitigni a bacca nera, Pinot Meunier e Pinot Noir, che partecipano con lo Chardonnay alla realizzazione dello spumante. Le condizioni di raccolta e di pressatura sono dunque fondarmentali.
La raccolta prevede una cernita o “mondatura“, al fine di eliminare le uve difettose, alterate o attaccate dalla muffa, dal momento che anche una proporzione relativamente bassa di acini avariati comprometterebbe la qualità. Per evitare avvii di fermentazione intempestivi e la macerazione delle bucce nel mosto, il trasporto delle uve intere viene effettuato con recipienti contenenti circa 40-50 kg di uva, traforati per consentire la eliminazione del mosto eventualmente formatosi e conservare le uve aerate. Questi recipienti sono accuratamente lavati prima di ogni nuovo utilizzo.

La pressatura e l’estrazione del mosto

Per limitare i fenomeni della macerazione, la pressatura viene condotta rapidamente, senza pigiatura e con il frazionamento dei mosti. Il tempo di pressatura della vinaccia è nell’ordine delle 4 ore.
Vengono utilizzati due tipi di presse. La pressa idraulica champenoise è di forma rotonda o quadrata, con una grande superficie in modo che lo strato di uve non superi gli 80-90 centimetri di spessore. Da alcuni anni si impiegano anche presse orizzontali, meccaniche, a piatti, ma senza catene, oppure pneumatiche.
Il frazionamento dei mosti tiene conto della eterogeneità della maturazione dei grappoli e della differente composizione del succo dei vacuoli (NdA: i vacùoli sono degli organuli cellulari caratteristici principalmente delle cellule vegetali. In sintesi, delle vescicole delimitate da una membrana fosfolipidica detta tonoplasto, e racchiudenti una soluzione acquosa, il succo vacuolare) delle cellule dell’acino. La cuvée corrisponde al succo della zona media della bacca che è la più zuccherina e la più acida. La zona periferica della bacca è zuccherina, ma meno acida a causa della salificazione degli acidi organici in prossimita della buccia. La zona centrale, in prossimità dei vinaccioli, è la più acida, ma la meno zuccherina.
Le modalità di pressatura sono codificate: i mosti vengono raccolti in vasche dette belon.
Un tempo, le presse champenoises tradizionali ricevevano 4.000 kg di uva. Due o tre spremiture successive dette serres, eseguite rapidamente, permettevano di ottenere 2.050 litri (corrispondente a dieci fusti chämpenoises di 205 litri) di mosto di prima qualita, costituente la cụvée.
Le due spremiture seguenti fornivano 410 litri (due fusti da 205 litri) di vino di première taille, cui seguiva il vino di seconda (un tino di 205 litri). Un’ultima spremitura, effettuata con una pressa idraulica classica, estraeva da 200 a 300 litri di rebêche, escluso dalla vinificazione champenoise e destinato alla distillazione. Con le presse a grande superficie, le vinacce vicino ai bordi sono sottoposte a pressioni meno elevate, cosi prima di ogni spremitura queste parti della vinaccia sono riportate verso la zona centrale. Quest’operazione è detta retrousse. Il funzionamento di queste presse può essere automatizzato.
Il frazionamento si conduce con i medesimi principi, e con maggiore semplicità d’uso, con le presse orizzontali.
A partire dal 1993, la regolamentazione prevede che 4.000 kg di uva debbano fornire 25,5 hl di mosto sfecciato; il tenore delle fecce è fissato fra il 2 e il 4% in volume. La cuvée (20,50 hl) è utilizzata esclusivamente per la preparazione delle grandi cuvée champenoise, la taille (5 hL) fornisce dei vini più fruttati e a maturazione più rapida, entra generalmente nella miscela di brut non millesimati. La cuvée viene impiegata per la preparazione dello Champagne di qualità; la taille (5 hL) fornisce prodotti più grevi e meno fini. L’esito della pressatura più spinta (rebêche) viene avviato alla distillazione (NdA: per quanto riguarda la resa dell’uva in Italia i produttori devono fare riferimento ai relativi disciplinari di produzione. Per esempio La DOC Trento stabilisce che non deve essere superiore al 70%. Qualora la resa superi detto limite, ma non oltre il 75%, l’eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata; oltre questo limite decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto).
Dall’analisi delle successive frazioni di mosto ottenute nel corso della pressatura evidenzia delle differenze significative: l’acidità totale diminuisce cosi come si abbassano i tenori in acido tartarico e malico; gli elementi minerali aumentano analogamente al pH; i composti fenolici e soprattutto il colore aumentano, mentre il tenore zuccherino rimane relativamente costante. Egualmente, nei vini derivati da mosti estratti da pressature successive, si osserva una diminuzione dell’intensità e della finezza aromatica.
Non vè dubbio che le precauzioni prese nella raccolta delle uve, nel corso. della pressatura, nel frazionamento dei mosti, risultano essenziali per la qualita del Metodo Classico. Non soltanto esse consentono di ottenere dei mosti molto poco colorati, pur se derivati da uve nere, ma sono indispensabili per preservare la finezza e la qualità ulteriore del vino.

La sfecciatura e la fermentazione

Per le stesse ragioni addotte in precedenza, la fermentazione deve avviarsi in un mosto perfettamente illimpidito. Generalmente si effettuano due sfecciature, una al momento della pressatura e l’altra nella vasca dopo il trasporto del mosto. Sono effettuate dopo solfitazione (da 5 a 8 g/hl), per sedimentazione naturale delle particelle grossolane e decantazione. L’utilizzazione, secondo le condizioni delle uve, di pectinasi può, in certe annate, facilitare la flocculazione (NdA: processo mediante il quale le particelle colloidali presenti in una dispersione si uniscono fra loro per mezzo del riscaldamento o dell’aggiunta di opportune sostanze creando aggregati di dimensione maggiore che si depositano più facilmente) e la sedimentazione del torbido.
Per altro i mosti di Champagne sono ricchi di costituenti azotati, particolarmente di proteine, che partecipano alla qualita del vino, in particolare alla tenuta della spuma.
Purtroppo le proteine intervengono anche in fenomeni di instabilità della limpidezza. Si consiglia l’aggiunta di tannino al mosto nella misura di 5 g/hlL per flocculare le proteine instabili.
La bentonite può essere presa in considerazione, ma in quantità non superiore a 30-50 g/hl.
La prima fermentäzione (o bouillage) si svolge, tradizionalmente, in fusti di legno alla temperatura di cantina che non supera i 15-20 °C, alcuni produttori perpetuano questa pratica, poiché i viní acquisiscono un ulteriore complessità aromatica e gustativa. Oggi, nella generalità dei casi, la fermentazione viene condotta in vasche di acciaio rivestito e soprattutto di acciaio inossidabile che permettono un raffreddamento ben controllato, indispensabile per non superare una temperatura di 20 C. Si cerca una fermentazione regolare che porti ad un tenore in zuccheri riduttori inferiore a 2 g/L. Benchè la chaptalisation (NdA: zuccheraggio) sia utilizzata con frequenza, non sempre è necessaria. Per altro la gradazione alcolica necessaria resta moderata (10-11% vol.). L’avvio della fermentazione alcolica non pone problemi particolari, anche in considerazione dell’impiego sistematico di lieviti selezionati.

La fermentazione malolattica

Lo Champagne è un vino fine e fruttato che deve possedere una certa acidità (9 g/l) per assicurare la freschezza e la tenuta all’invecchiamento. Nella vinificazione del vino base bisogna tener conto, inoltre, dell’abbassamento dell’acidità, durante il processo di champagnizzazione propriamente detto.
E Peynaud, dopo un’analisi del vino di Champagne realizzata negli anni 50, aveva dimostrato la rarità della fermentazione malolattica e la supremazia gustativa degli Champagne che avevano conservato l’acido malico. Lo stesso autore aveva osservato, successivamente, che si erano verificate numerose modificazioni (innalzamento del pH, diminuzione del solfitaggio).
La conseguenza è stata una maggiore sensibilità del vino ai batteri e la comparsa sempre piu frequente di fermentazioni malolattiche incontrollate, poiché all’epoca il fenomeno era sconosciuto.
Ancora oggi ci si intertoga sull’opportunità della fermentazione malolattica dei vini di Champagne a proposito degli effetti organolettici.
Ben condotta e controllata, essa può essere favorevole alla qualità di certi vini bianchi acidi, soprattutto i vini del vitigno Chardonnay, il cui aroma può beneficiare di questo intervento batterico; in altri casi, essa può condure a vini privi di freschezza e di tenuta limitata, bisognosi, in certe annate, di una riacidificazione mediante acido tartarico.
Per ottenere la stabilità microbiologica ed evitare le gravi conseguenze della fermentazione malolattica durante la seconda fermentazione (prise de mousse) o durante l’invecchiamento del vino in bottiglia (conservation sur lattes), l’eliminazione completa dell’acido malico nel vino base, prima dell’imbottigliamento per il processo di rifermentazione, è parsa la soluzione piủ efficace e largamente generalizzabile. Attualmente sono in fase di studio altre possibilità.
Dovendo intervenire sullo svolgimento della fermentazione malolattica, il primo elemento da considerare è il tenore in diossido di zolfo (NdA: l’anidride solforosa).
Fermo restando che una debole dose di SO2 libero è sufficiente a impedirla, bisogna tener conto della quota di SO2, combinato: a partire da dosi comprese tra 80 e 100 mg/l di SO2, totale, la fermentazione malolattica diviene molto difficile o addirittura impossibile, Delle attente osservazioni dimostrano la relazione fra il tenore in SO, totale e la realizzazione della fermentazione malolattica. D’altro canto, oggi, disponendo di tecniche di filtrazione stretta, che dovrebbero consentire d’imbottigliare in maniera sterile e della possibilità di effettuare inoculi con lieviti puri, si dovrebbe poter evitare la fermentazione malolattica senza ricorrere a dosi eccessive di SO2. L’impiego del lisozima dovrebbe anche poter contribuire a questa stabilizzazione e viceversa, non è sempre facile ottenere regolarmente, al momento voluto, l’avvio della fermentazione malolattica, nei vini bianchi di acidita elevata. Risultano essenziali il controllo della temperatura e il dosaggio della solforosa. Si può agire anche mediante inoculo con un lievito opportunamente preparato, ma questa operazione risulta sempre laboriosa.
L’insemenzamento con biomasse batteriche riattivate, secondo il principio messo a punto per i vini rossi, ha permesso di migliorare considerevolmente le condizioni di realizzazione nei vini di Champagne; attualmente sono disponibili in commercio biomasse pronte per l’impiego.

 

La presa di spuma nel metodo champenois

La realizzazione di una «cuvée» e la messa in bottiglia

I vini nuovi subiscono i trattamenti classici di chiarifica, travaso, filtrazione, collaggio. Il collaggio (NdA: forma di chiarifica) dei vini base è effettuato con la colla di pesce (1,5-2,5 g/hl) o con la gelatina (4-7 ghl) con o senza aggiunta di tannino (2-4 g/hl).
L’addizione dei tannini è giustificata, per un verso, dalla relativa ricchezza in proteine dei vini e dal rischio di instabilità proteica che ne può derivare, dall’altro, dalla necessità di conservare un tenore proteico sufficiente per assicurare una perfetta qualità della spuma. A dosi moderate la bentonite può contribuire alla stabilità proteica.
Poi si prepara una cuvée, (in senso lato: una partita di mosto o di vino elaborata senza ulteriori tagli) per assemblaggio di vini di differente origine, di diversa qualità, eventualmente di diverse annate. Questa operazione essenziale per la qualità e la tipicità del prodotto finale si basa sulla degustazione. (…)
La cuvée subisce, in seguito, un trattamento con il freddo artificiale per ottenere la stabilità tartarica. In alcuni casi, si effettua un ultimo collaggio prima o dopo la stabilizzazione tartarica.
La filtrazione è prevista fra le operazioni di preparazione della cuvée. La vinificazione in fusto assicura una chiarificazione spontanea per semplice sedimentazione già di per sè soddisfacente. Non è necessario, dunque, fare ricorso alla filtrazione che, invece, diviene indispensabile quando i vini sono realizzati in vasca.
Un’ultima filtrazione è sempre effettuata immediatamente dopo il trattamento con il freddo.
La chiusura della botiglia si fa dopo l’aggiunta del liqueur de tirage, sciroppo di saccarosio a 500 gl, che apporta la quantità di zucchero necessaria per ottenere, dopo la fermentazione, una pressione di diossido di carbonio nella bottiglia di 5 o 6 bars a 10-12 °C. Per ottenere 5 bars di pressione occorre far fermentare, teoricamente, 20 g/l di saccarosio.
Simultaneamente si aggiunge un lievito attivo di ceppi selezionati Saccharomyces cerevisiae che deve assicurare una presa di spuma regolare e completa.
Questo lievito sarà costituito da vino in piena fermentazione o, meglio, preparato a partire da lieviti secchi attivi (LSA). Questi LSA hanno un buon sviluppo nel mosto che non contiene alcol. Essi possono essere inoculati direttamente, in particolare per la vinificazione in bianco. Per contro in un mezzo contenernte alcol, per esempio per rilanciare una fermentazione arrestata, essi devono subire una fase di riattivazione preliminare destinata a portare i lieviti in un conveniente stato fisiologico. Per la presa di spuma, Laurent e Valade (1994) hanno preconizzato un procedimento efficace per la preparazione dei LSA in procinto di essere utilizzati. Si raccomanda di effettuare un inoculo controllato, con una popolazione iniziale di 1,5 x 105 cellule per ml.
Al di sotto, la presa di spuma è più lenta e può restare dello zucchero non fermentato. Al di sopra (ad esempio 2 x 106 celule per ml) la fermentazione è rapida, ma bisogna temere, con alcuni ceppi, il gusto di lievito. L’addizione di sciroppo di zucchero e di lievito può essere fatta in vasca, prima dell’imbottigliamento o al momento del riempimento di ciascuna bottiglia eventualmente sotto forma di due iniezioni con pompe dosatrici.
Il riempimento delle bottiglie può essere accompagnato dall’apporto di adiuvanti (bentonite 3 g/hl, alginati da 0,2 a 0,7 g/hl) destinati a facilitare l’eliminazione del deposito di lievito con il dégorgement.

La fermentazione alcolica (presa di spuma) e l’invecchiamento sulle fecce

Le bottiglie sono otturate con un opercolo in plastica, la bidule, che assicura la tenuta stagna di una capsula a corona.
Le bottiglie sono accatastate in posizione orizzontale, sur lattes (su assicelle disposte a ripiani) oppure in palette (gabbie di acciaio di notevoli dimensioni). E’ importante che la fermentazione si svolga con la bottiglia in posizione coricata per assicurare la tenuta stagna della chiusura e più tardi, durante l’invecchiamento, l’interfaccia massimale tra il vino e le sue fecce per facilitare gli scambi. La fermentazione richiede un mese e qualche volta anche di più a una temperatura costante di 11-12 °C frequente nelle cantine di Reims e di Epernay. La fermentazione lenta e regolare a basse temperąture è un’ulteriore condizione di qualità dello Champagne, in particolare della persistenza e della finezza della spuma alla stappatura. La pressione del gas carbonico aumenta progressivamente e ha un’azione inibitrice sullo sviluppo dei lieviti e la velocità dí fermentazione, soprattutto se il ph è basso e il grado alcolico è elevato. La fermentazione puo essere accelerata mediante apporto di sostanze nutritive, aumento dell’inoculo iniziale, adattamento dei lieviti al vino base e agitazione manuale della bottiglia.
Quando la presa di spuma è terminata, ovvero quando tutti gli zuccheri sono stati fermentati, il processo di produzione non è terminato, ma prevede una lunga macerazione sul deposito dei lieviti che si accumula e diminuisce di volume; la posizione della bottiglia coricata è necessaria per consentire un contatto sufficiente fra il vino ed i lieviti.
Questi cedono lentamente, prima per escrezione poi per semplice diffusione dopo la morte delle cellule, delle sostanze , specificatamente amminoacidi, ch’essi avevano sintetizzato o prelevato dal vino. Si ritiene possibile che i fenomeni di autolisi siano dovuti all’intervento di enzimi cellulari.
All’insieme di questi fenormeni complessi viene attribuito un ruolo importante per la qualita dei vini di Champagne. Il miglioramento qualitativo durante questa fase è subordinato alla costituzione del vino base; si comprende che lo stesso miglioramento non è riscontrabile con altri vini effervescenti. L’invecchiamento in queste condizioni è al minimo di 15 mesi peri vìni non millesimati e di 3 anni per quelli che lo sono, ma può essere prolungato fino a 8 anni e oltre per quei vini di qualità ancor più elevata.
Fin tanto che il vino spumante si trova in presenza del suo deposito di lieviti in condizioni di anaerobiosi  (NdA: la condizione di vita in ambiente privo di ossigeno libero propria dei microrganismi detti anaerobi), e protetto dai fenomeni di ossidoriduzione, si conserva e invecchia alla perfezione. Talora è possibile assaggiare botiglie perfette, pur se non «sboccate», di oltre dieci anni di età. Dopo aver effettuato la sboccatura (dégorgement) lo Champagne non’ migliora più, ma, addiritura, si puo temere la comparsa di difetti, per lo più, in conseguenza di fenomeni di ossidoriduzione.
Nel corso della conservazione in bottiglia si puo verificare la comparsa del «gusto di lievito». Si tratta di un odore di riduzione dovuto alla formazione di gruppi tioli (NdA: composti organici tipo alcoli caratterizzati da un odore sgradevole)  per fotodegradazione degli amminoacidi solforati contenuti naturalmente nel vino. La reazione è indotta dalla fotosensibilità della riboflavina (vitamina B2), mentre i prodotti di reazione sono il metantiolo e il disolfuro di metile che sono responsabili del gusto di luce (NdA: sì, esiste). 
Maujean e altri (1978) hanno dimostrato che un basso potenziale di ossidoriduzione, a contatto con la luce, si verifica unicamente nel vino dopo dégorgement. La formazione di gruppi tioli e la comparsa dei gusto di luce dipendono anche dallo stato di riduzione del vino prima dellesposizione alla luce. L’utilizzazione di bottiglie di vetro poco permeabile alle lunghezze d’onda inferiori a 450 mm, consente di evitare la comparsa del gusto di luce. L’apporto di acido ascorbico, in associazione con SO2 ,al momento della chiusura definitiva della bottiglia (addizione del liqueur d’expedition) svolge un ruolo preventivo efficace.

La rotazione delle bottiglie e la separazione del deposito di lieviti 

La tappa successiva consiste nel raccogliere il deposito di lieviti a contatto con la bidule. Tradizionalmente l’operazione è realizzata mediante il remuage delle bottiglie posizionate sulle pupitres che le mantengono inclinate e con l’apertura rivolta verso il basso. Il remuage consiste di scuotimenti a scatti effettuati manualmente sulle bottiglie mediante movimenti rotatori ripetuti più volte in un arco di tempo anche superiore al mese, A ciascun intervento la bottiglia subisce una leggera rotazione e un’adeguata inclinazione che progressivamente la dispone in posizione sempre più verticale.
Quest’operazione è più o meno lunga, più o meno difficile a seconda della natura del vìno e della sua struttura colloidale, nonché della natura dei lieviti e della loro tendenza all’agglutinamento. Generalmente si protrae da tre settimane a un mese. Il remuage rappresenta, nelle cantine di preparazione dello Champagne, una tappa impegnativa, sia per il posto occupato dalle pupitres sia per il lavoro manuale necessario sia per l’immobilizzazione delle bottiglie per un tempo relativamente lungo. Negli ultimi anni si sono compiuti dei tentativi per semplificare questa fase. Il primo passo consiste nell’aggiungere in vasca, prima dell’imbottigliamento, diversi coadiuvanti che facilitano la sedimentazione del deposito del lievito; senza essere trascurabili, i miglioramenti risultano piuttosto limitati. I risultati più significativi sono stati ottenuti riproducendo in scala superiore, mediante cassoni (caisses palettes) contenenti qualche centinaio di bottiglie, i movimenti e i tempi di riposo delle operazioni manuali. (…)
Per facilitare il remuage esiste, un’altra possibilità che poggia su un diverso principio. Esso consiste nella realizzazione della presa di spuma con dei lieviti inclusi e immobilizzati in piccole sfere di alginati reticolate da calcio. Quando viene ruotata la bottiglia, il deposito, presso che istantaneamente, si localizza contro la bidule e il remuage non è più necessario.
L’impiego di questo procedimento presuppone che la fermentazione e l’invecchiamento sulle fecce si svolgano normalmente, malgrado l’inclusione dei lieviti.
Bisogna, tuttavia, che la crescita cellulare non determini l’esplosione delle biglie cosa che provocherebbe un deposito pulverulento di difficile separazione. Attualmente, con le biglie a doppio letto d’alginato, le fughe non si producono piŭ. A tutt’oggi numerosi milioni di bottiglie sono realizzati con lieviti e inclusi. Resta da assicurare al momento un invecchiamento e un’evoluzione normale dei vini prima di considerare una utilizzazione più generalizzata almeno a livello di grandi imprese.

La sboccatura e la tappatura definitiva

Quando il deposito si addensa contro la parete della bidule, si procede alla sboccatura (dégorgement). In altri tempi quest’operazione era eseguita manualmente à la volée; si toglieva il tappo con un movimento rapido e, contemporaneamente, si versavano i pochi millilitri contenenti il deposito senza vuotare la bottiglia e senza perdita eccessiva di diossido di carbonío.
Oggi si utilizza unicamentela sboccatura à la glace che, per altro, può essere inserita in una catena automatica che comprende le operazioni successive (dosaggio, tappatura, gabbiettatura).
Le bottiglie, con l’apertura verso il basso, vengono parzialmente immerse in una salamoia, a bassa temperatura che congela alcuni millilitri di vino al di sopra della bidule, imprigionando il deposito dei lieviti nel ghiaccio. In seguito si raddrizza la bottiglia e si procede all’eliminazione della capsula con la contemporanea espulsione del deposito divenuto un pezzo di ghiaccio.
La bottiglia viene in seguito ricolmata con il liquore di spedizione (la liqueur d’expédition).
Si tratta di uno sciroppo contenente circa 600 g/l di zucchero, necessario ad aggiustare il tenore zuccherino dello Champagne, generalmente entro i 10-15 g/l (dosaggio da l a l,5%) per la qualità brut e 40 g/L (dosaggio al 4%) per la qualita demi-sec.
Lo sciroppo di spedizione può essere anche acidificato mediante acido citrico per compensare la bassa acidità dovuta alla diluizione, Contiene ancora la quantita di diossido di zolfo necessaria per eliminare l’ossigeno disciolto ed eventualmente dell’acido ascorbico (50 mg/L): La sboccatura comporta uno choc ossidativo considerevole giacché il potenziale di ossidoriduzione puo aumentare brutalmente di 150 mV secondo la capacità del redox del vino di tamponare.
E. Peynaud precisa: “ll dosaggio non rappresenta una semplice edulcorazione, è un processo di miglioramnento del vino e la qualità degli sciroppi, il loro invecchiamento, la natura dei vini impiegati, la qualità dello zucchero, la formula di preparazione, svolgono un importante ruolo nella qualità del prodoto finale”. ll liquore di spedizione contribuisce all’equilibrio e all’armonia dei sapori (NdA: ma anche no ?).

Ok, se sei arrivato a leggere sino a questo punto avrai capito che parlare di metodo classico non è una cosa per niente facile e quanto lavoro c’è dietro anche solo alla bottiglia apparentemente più comune. Inoltre ti starai chedendo se davvero esiste un metodo classico naturale, vero? Io credo di sì. In Italia, come in Francia, ci sono diversi produttori che lavorano giorno dopo giorno per arrivare a questo risultato. Qualcuno pare già esserci riuscito, altri ci si stanno avvicinando. Le difficoltà da superare sono veramente tante. La prima che mi viene in mente è la presa di spuma, sia lavorando con il famigerato zucchero di canna, sia con metodi di “nuova concezione” che prevedono l’utilizzo di mosto. La sua criticità consiste nel fatto che i lieviti sono costretti a lavorare in un ambiente scarsamente adatto alla loro sopravvivenza, il vino. L’alcol presente è per questi un prodotto dannoso, la cui presenza ne riduce forza ed efficacia. Anche la temperatura utile a una buona presa di spuma, di circa 10-12°C, è troppo bassa perché possano lavorare correttamente. Inoltre anche l’anidride carbonica che si sviluppa li danneggia quanto l’alcol.  E si potrebbe ancora andare avanti parlando della competizione con gli altri microrganismi, della quantità di azoto presente o…
L’insieme di tutto ciò è proprio il motivo per cui si sono iniziati a usare per la presa di spuma lieviti selezionati appositamente per operare in queste condizioni “traumatiche”. Per evitare fermentazioni incomplete, zuccheri residui altissimi, svariati difetti e quant’altro.

Certamente le difficoltà che un produttore di metodo classico incontra non si esauriscono qui, ma tu non disperare: il Sacro Gral, per esempio, potrebbe già essere tra gli assaggi che trovi di seguito. Ah, l’ultima cosa che mi sento di dire è che quando ti troverai di fronte a un metodo classico veramente naturale, ricorda che qualche piccola imperfezione, qualche deviazione dagli stereotipi consolidati negli anni di gusto e finezza, dovrai considerarla accettabile. Non vorrai mica rimpiangere uno scenario gustativo “convenzionale”?

 

Spumante Brut “Brutsprintstin” 2015 di Vittorio Graziano (Castelvetro – MO)

La stessa base del Ripa di Sopravvento regala una bolla un po’ grossa, dal finale amaricante e non troppo amalgamata. Eppure emoziona per la grande coerenza gustativa mostrata.

Sboccatura: 2020
ENP Wine Rating: ✈️ 1/2
Prezzo in enoteca: 22,00 euro

 

Pas Dosé “Cinque” di Opificio del Pinot Nero (Gambugliano – VI)

Pinot Nero molto equilibrato, austero. Un esemplare manifesto di un’area che sta prendendo sempre più coscienza del proprio potenziale riguardo alla spumantizzazione delle sue uve.

Sboccatura: 60 mesi
ENP Wine Rating: ✈️✈️
Prezzo in enoteca: 45,00 euro

 

Brut Nature “60” 2015 di Casa Caterina (Monticelli Brusati – BS)

Chardonnay non dosato intenso e personale, cremoso. Allettante espressione di territorio.

Sboccatura: 2021
ENP Wine Rating: ✈️✈️
Prezzo in enoteca: 35,00 euro

 

Alta Langa “Leonardo” 2016 di  Ferdinando Principiano (Monforte d’Alba -CN)

Un metodo SoloUva secco, verticale e definito. Anche se distante anni luce dai grandi rossi a cui Principiano ci ha abituato.

Sboccatura: 30 mesi
ENP Wine Rating: ✈️ 1/2
Prezzo in enoteca: 36,00 euro

 

Franciacorta Extra Brut “Quinque” di Uberti (Erbusco – BS)

Ciccia, intensità e persistenza raccontano una fiera interpretazione di stile e territorio che esula dal tempo.

Sboccatura: 80 mesi
ENP Wine Rating: ✈️✈️ 1/2
Prezzo in enoteca: 60,00 euro

 

Franciacorta Extra Brut “Coro delle Monache” 2013 di Arcari e Danesi (Coccaglio – BS)

SoloUva di Pinot Nero verticale ma non troppo complesso, dritto. Discreta la persistenza.

Sboccatura: 62 mesi
ENP Wine Rating: ✈️ 1/2
Prezzo in enoteca: 40,00 euro

 

Blanc de Noirs Nature “R.D.” di Nicola Gatta (Gussago – BS)

Pinot Nero rimasto sui lieviti per 98 mesi. Assieme materico e tagliente, tuttavia ancora un filino introverso.

Sboccatura: 2021
ENP Wine Rating: ✈️✈️ 1/2?
Prezzo in enoteca: ??? euro

 

Brut “Terzavia” 2018 di MArco De Bartoli (Marsala – TP)

Convincente bolla sicula sapida, agile e mediterranea. Riassaggiata più e più volte rimane sempre un bel bere.

Sboccatura: 2021
ENP Wine Rating: ✈️✈️
Prezzo in enoteca: 23,00 euro

 

Blanc de Blancs Dosaggio Zero di Agricola Divella (Gussago – BS)

Chardonnay dalla straordinaria beva, dalle sfumature erbacee più che floreali. Una lama che invece di traffigere consola.

Sboccatura: 2020
ENP Wine Rating: ✈️✈️
Prezzo in enoteca: 36,00 euro

 

Trento Brut ” Riserva del Fondatore Giulio Ferrari” 2008 di Ferrari (Trento – TN)

Bocca da grande maison giocata su volume e concentrazione. Quasi scoccia per quanto appare invincibile.

Sboccatura: 120 mesi
ENP Wine Rating: ✈️✈️ 1/2
Prezzo in enoteca: 120,00 euro

 

Brut Zero “Valentino” 2008 di  Rocche di Manzoni (Monforte d’Alba – CN)

Chardonnay asciutto che racconta il proprio territorio con un interessante corredo aromatico ricco di sfumature balsamiche mutuate dai suoi grandi vini rossi.

Sboccatura: 120 mesi
ENP Wine Rating: ✈️✈️
Prezzo in enoteca: 42,00 euro

 

Franciacorta “Annamaria Clementi” 2008 di Ca’ Del Bosco (Erbusco – BS)

Tecnico, soave ed elegante, anche grazie alla perfezione del perlage. Talmente millimetrico da faticare a emozionarmi.

Sboccatura: 9 anni
ENP Wine Rating: ✈️✈️ 1/2
Prezzo in enoteca: 120,00 euro

 

Franciacorta “19” 2018 di Ravarini (Monticelli Brusati – BS)

Chardonnay fresco e diretto che impressiona per intensità e carattere. Bravo Gigi.

Sboccatura: 19 mesi
ENP Wine Rating: ✈️✈️
Prezzo in enoteca: 28,00 euro

 

Rosé de Noirs Nature di Nicola Gatta (Gussago – BS)

Manifesto naturale teso e ricco di spigoli. Gustativamente assolutamente credibile.

Sboccatura: 60 lune
ENP Wine Rating: ✈️✈️
Prezzo in enoteca: 37,00 euro

 

VSQ Brut Pas Operè “Revolution” 2012 di Ca’ del Vent (Campiani di Cellatica – BS)

Talmente emozionante da farmi dimenticare di scattare una foto della bottiglia. E infatti questa foto l’ho presa dall’account IG di T__Mancini. Ampio, piuttosto sapido e minerale, sfaccettato come pochissimi. Profondo, ti entra dentro senza essere una lama.

Sboccatura: 93 mesi
ENP Wine Rating: ✈️✈️✈️
Prezzo in enoteca: 90,00 euro

 

PS: le cose da dire sarebbero ancora veramente troppe, infinite. Spero comunque che questo post ti sia piaciuto e soprattutto ti abbia fatto riflettere sul metodo classico italiano e non solo. Se ti fa piacere approfondire, avere uno scambio di vedute o solo segnalarmi eventuali errori e inesattezze, sai come fare. A presto.