Seduti ad un tavolo ci sono un italiano, un francese, uno spagnolo, un giapponese, un greco e un messicano. Se stai pensando che questa sia la classica barzelletta che racconta tuo zio a Natale e alla quale dovrai accennare un fintissimo ghigno di divertimento, puoi stare tranquillo: non c’è assolutamente niente da ridere, anzi… E lo stesso devono aver pensato gli emissari della “Organizzazione delle nazioni unite per la scienza, cultura ed educazione”, meglio conosciuta con la sigla UNESCO, quando nel 2010 visitarono alcuni stati messicani per corroborare la veridicità e l’autenticità dei documenti presentati da un gruppo di “antropologi e storiografi del gusto”, sapientemente capeggiati da due isituzioni culinarie nazionali quali sono gli chef Ricardo Muñoz Zurita (Azul Histórico, Azul Condesa e Azul y Oro) e Gerardo Vázquez Lugo (Nicos, ristorante nel circuito 50 Best America Latina), che proponevano come Patrimonio Immateriale la cucina – ancestrale – messicana.

Gerardo Vazquéz Lugo (da www.millesimeworld.com) e Ricardo Muñoz Zurita (da www.azul.rest)

Risultato a dir poco sorprendente: il 16 Novembre 2010 la cucina messicana, insieme a quella francese, viene nominata Patrimonio Immateriale dell’Umanità, in quanto “rappresenta un modello culturale completo che comprende attività agrarie, pratiche, riti, conoscimenti pratici antichi, tecniche culinarie, usi e costumi ancestrali”.
Sulla falsa riga del progetto presentato dai messicani, nel 2013 ottengono lo stesso riconoscimento anche la “nostrana” Dieta Mediterranea e la cucina Washoku giapponese.

Messico: cucina ancestrale patrimonio dell’Unesco - Fagioli

Fagioli di ogni tipo nel mercato della Merced.

Mercato “ancestrale” a San Cristóbal de las Casas

 

Una cucina ancestrale – pt.1

A far pendere l’ago della bilancia dalla parte giusta è stata la questione “ancestrale”.
Il Messico moderno è un crogiolo di razze e non basterebbero 20 visite al Museo Nacional de Antropología (il più grande al mondo) per comprendere come tutto ciò abbia influenzato la cucina messicana contemporanea, che però ha radici ben salde e una base identitaria molto solida: la cultura prehispanica.

Non è difficile …no! È piuttosto facile camminare per le strade di città e paesini messicani e sentire l’avvolgente profumo dei carboni scoppiettanti, percepire il rumore della legna che brucia e il dolce sfrigolare di pietanze che cuociono su di essi… Va così di moda oggi; eppure in Messico l’era del fuoco vivo non è mai morta, anzi è parte integrante della quotidianità.

Aggiungiamoci il sapiente uso, tramandato da generazioni, del mais in tutte le sue sfaccettature e la presenza di alcuni capisaldi primordiali della gastronomia locale come avocado, fagioli, pomodoro, limone, sale e ovviamente il “chile” (peperoncino).
Il risultato è ridondante per il palato e per lo spirito.

Messico: cucina ancestrale patrimonio dell’Unesco - Peperoncini

Peperoncini freschi…

… e peperoncini secchi.

 

Non solo tacos…

Quando parliamo di cucina ancestrale innanzitutto dobbiamo fare questa comparazione: il mais è per i messicani ciò che per noi italiani è il grano. Ne esistono infinità di tipologie e colori, ma per fare la “masa”, l’impasto base tipico di praticamente tutte le preparazioni messicane a base del cereale ancestrale, la regola è una: Nixtamalización.

Si fa bollire in acqua e calce alimentare, si limpia dalle impurità e dall’eccesso di bucce del chicco e si passa al mulino insieme a piccole dosi di acqua di cottura, per ottenere il malleabile impasto che las Doñas trasformano nel miglior street food del mondo.

Tacos, Tlayudas, Huaraches, Chilaquiles, Tlacoyos, Chalupas, Tostadas, Memelas, Sopes, Gorditas, Nachos, Esquites… a prima vista potrebbero sembrare quasi tutti simili; ma chi per croccantezza, chi per spessore, chi per consistenza, per untuosità o semplicemente per tipo di ripieno e ingredienti usati, regalano agli avventori sempre un sapore distinto.

Ovvio i tacos sono i tacosal pastor, de asada, de cabeza (varie parti della testa del manzo cotte magistralmente a vapore), de canasta, de guisado, de carnitas, de pescado, de camarones… potrei andare avanti per ore, non a caso in Messico si dice “de todo se hace un taco”.

Diciamo che spiegare nello specifico ogni tipo di taco sarebbe un’impresa enciclopedica; forse la serie “Tutto sul Taco”, che puoi trovare su Netlix, ti aiuterà a capire quanto sia intrinseco nella quotidianità dei messicani.

Messico: cucina ancestrale patrimonio dell’Unesco - Tacos

Differenti tipologie di tacos.

Messico: cucina ancestrale patrimonio dell’Unesco - Tostada

Tostada

Tamal de Lengua, in Tierra y Cielo, Chiapas.

 

La salsa e… LA SALSA

I messicani amano nei loro piatti una parte liquida, acida e piccante. Per questo motivo le salse in Messico accompagnano qualsiasi piatto o stuzzichino e soprattutto non sono mai un complemento del piatto, ma una parte fondamentale.

I peperoncini la fanno da padrone, sempre accompagnati da pomodori verdi e/o rossi, sale, limone, cipolla e coriandolo. Frullate o battute al molcajete (una sorta di mortaio messicano di pietra ruvida), cotte o crude, le troverai sempre ad accompagnare qualsiasi proteina, verdura, tortilla, fritto ecc. Peperoncini freschi o secchi poco importa, d’altronde “¡si no pica no es comida!”

Poi c’è LA SALSA: il Mole. Punto, punto esclamativo! Vorresti che te lo spiegassi?! È difficile, quasi impossibile; merita sicuramente un ruolo da protagonista e lo avrà certamente in un altro spazio. Per il momento sarò magnanimo lasciandoti qualche piccola nozione.

Il più basico dei Mole avrà almeno una ventina di ingredienti, tra peperoncini vari ( ovviamente piccanti e non), frutta secca, spezie,cioccolato e altre piccole sorprese di cui ti parlerò più avanti.

È il piatto delle feste; se si celebra qualcosa, in Messico probabilmente finirai mangiando Mole, contornato da parenti, amici, mariachi e ubriaco di tequila e/o mezcal.

Chilaquiles “divorciados”, con salsa verde e rossa.

 

Una cucina ancestrale – pt.2

Il sottile filo tra cucina ancestrale e primordiale si rompe spesso parlando del Messico e della sua gastronomia.
Il fuoco, dicevamo, e il fumo; gli ingredienti autoctoni che ormai fanno parte della cucina mondiale ma che hanno visto la loro nascita in queste terre; poi le tecniche… e che tecniche!

Barbacoa potrebbe sembrare una spagnolizzazione del termine americano “barbecue”, ma ti assicuro che siamo lontani anni luce.

Si scava nella terra, profondamente e chirurgicamente per ottenere la base del forno; si accende un fuoco e si alimenta per ore fino ad ottenere una base di brace spessa e viva; poi si appoggiano sulla brace pentole con acqua e sapori, pronte a ricevere i succhi della carne d’agnello marinata e appoggiata sopra le pentole, sorretta da rami e fogliame dell’albero di avocado; si tappano le carni con foglie di Maguey (il simil cactus che si usa per la produzione del mezcal); quindi si tappa il forno e si ricopre di terra.

Le braci poco a poco si spengono e il tutto si lascia cuocere per una dozzina d’ore col solo calore interno del forno e i vapori.

Non devo neanche stare a spiegarti che con un dito potrai trapassare le carni dell’agnello senza il minimo sforzo e che le essenze rilasciate dalle foglie e dal fumo regalano alla carne un momento di estasi orgasmica che si riflette nel palato del commensale.

Ora capisci perché rido di fronte alla parola “barbecue”?! Stessa tecnica altre preparazioni; i forni scavati nella terra sono quanto di più romantico e ancestrale si possa trovare nella penisola messicana, dalla Cochinita Pibil dello Yucatan, passando per il Cochito Chiapaneco e altri simili.

 

Il cibo del futuro

Formiche “Chicatánas”, in vendita nel mercato.

Messico: cucina ancestrale patrimonio dell’Unesco - Guacamole con Chapulines

Guacamole con Chapulines, un classico messicano.

In Messico non si butta via niente, anzi: si mangia tutto! Compresi cactus e insetti.
Eh, lo so che adesso storpierai il naso e probabilmente smetterai di leggere, ma commetteresti un errore non da poco! L’entomofagia è tanto ancestrale quanto futurista e qua è di casa.

Occhio, questo non vuol dire che i messicani si abbuffino di insetti, caso mai il contrario. Ma una salsa di formiche Chicatana dentro di un taco, un pugnetto di Chapulines (cavallette fritte e speziate) sopra un guacamole o un tocco di Sal de Gusano (sale, peperoncino e verme del maguey lasciato essiccare e tritato) su di uno spicchio d’arancia con il mezcal, apportano, oltre a una buona dose di proteina ecosostenibile, un sapore che può sbalordire e renderci velocemente dipendenti.

Non mi credi?! ¡Pues, tu te lo pierdes cabrón!

 

… e non solo Tequila y Mezcal

Michelada, Mezcal e Tequila per accompagnare i “mariscos”.

Tutto questo cibo grasso, salato, piccante e acidificato da qualche goccia di limone (su tutto eh… ma proprio tutto) sicuramente ti avrà messo addosso una certa sete, no?!

Per accompagnare al meglio i nostri antojitos le opzioni più gettonate sono birra, tequila e mezcal.

Il Messico è il principale esportatore mondiale di birra al mondo e ne è anche uno dei più grandi consumatori; ma occhio, se sei un purista della birra potresti anche rimanere a bocca aperta.
I messicani infatti son soliti bere le proprie birre “preparate”: michelada (sale e limone), cubana (sale, limone, Worchester e Tabasco) o con Clamato (una specie di bloody mary a base di birra e con l’aggiunta di un goccio di acqua di vongole).

Tequila e mezcal meritano uno spazio a parte, e prometto prossimamente soddisfare la tua sete, atavica o di informazione, magari con qualcosa di sfizioso al riguardo.

Sta invece facendosi largo tra la folla a gran voce il Posh, distillato di mais tipico del Chiapas.
Considerato una aguardiente di serie B, negli ultimi tempi alcuni piccoli produttori stanno affinando la tecnica, aumentando la produzione e migliorando quegli standard che per anni hanno fatto storcere il naso ai più esigenti bevitori.

E il vino? Di vino non parlo! Solo per ora… stai calmo!

Infine, e come no, anche qui passiamo all’ancestrale: bevande del maíz, autoctone e di origine indigena, e fermentati particolari.
Pozol, Pinole, Atole, Tascalate, Tejate… chiamali un po’ come vuoi ma la base rimane la stessa: l’ingrediente primordiale per eccellenza, il re incontrastato della penisola, il cereale bendito.
Servite quasi sempre fredde, tranne l’atole, hanno una consistenza abbastanza “spessa” e un apporto calorico generalmente alto. Si differenziano tra di loro per tostatura della farina, tipo di mais e spezie varie usate per insaporire il composto magico (tra cui, ovviamente, anche il cacao di origine Maya).

Sui fermentati vale la pena concentrarsi su due di questi: Tepache e Pulque.
Il Tepache è un fermentato di ananas, fresco, dolce, “quasi” analcolico e delizioso che si vende normalmente per le strade o nei mercati.
Il Pulque invece è la più datata bevanda messicana, simbolo di terra, di rivoluzioni, indipendenze e lotte sociali. Non ha più l’appeal degli anni di Zapata e Pancho Villa, ma per le strade delle città del centro del paese non sarà così difficile imbatterti in una pulqueria.
Si produce dalla fermentazione dei liquidi contenuti nella piña del maguey. È artigianale, mai imbottigliato, leggermente alcolico, di textura viscida, dal sapore particolare e acidulo.
Mi piace?! Mmmm… Ne bevo uno ogni tanto?! Sì, ma uno solo; anche perché ha più o meno la consistenza e le calorie di un piatto di minestrone.
Preferisco il mio mezcalito! D’altronde: ¡para todo mal mezcal, y para todo bien también!

 

NB: la fotografia di Gerardo Vázquez Lugo usata per “Messico: guida alla cucina ancestrale patrimonio dell’UNESCO” è stata reperita su www.millesimeworld.com, mentre quella di Ricardo Muñoz Zurita su www.azul.rest. Tutte le altre sono state scattate dall’autore. Qualora la loro condivisione su Enoplane.com violasse qualsivoglia normativa o diritto ti preghiamo di farcelo sapere e provvederemo immediatamente.

 

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