Pronto a unirti a noi per la seconda e ultima (per adesso…) parte di Milano da bere… e da mangiare: una guida non turistica per uccidersi di cibo e vino in 48 ore? Allora risfodera la forchetta, calici in mano e incamminiamoci! Questa volta nel menù PAN, Bar Paradiso e… Devi solo continuare a leggere.
Si parte sempre con una buona colazione. E’ cosa sana e giusta.
Come ti dicevamo nello scorso episodio, venendo in città nel weekend, dovrai rivolgere le tue preghiere alla grandissima Santa Pazienza e fare la fila prima di poterti accomodare a gustarne una come si deve. In realtà, considerata anche la bella giornata di sole primaverile, questa volta abbiamo
optato per l’asporto. A malincuore, perché la riteniamo un po’ un’esperienza a metà.
PAN è un forno giapponese con caffetteria che propone anche una piccola cucina e una selezione di vini artigianali, in linea con la filosofia sostenibile del locale, per pranzo/brunch. Aperto a primavera 2023 nel tranquillo quartiere residenziale di Città Studi da due soci, l’imprenditrice di origine nippo-francese Alice Yamada e lo chef giapponese Yoji Tokuyoshi (noto in città per il rinomato ristorante Bentoteca, nonché ex sous-chef di Massimo Bottura). Ah! Abbiamo scoperto che insieme avevano già ideato la Katsusanderia, che oggi trovi presso Sidewalk Kitchens.
Lo spazio interno è ampio e luminoso, l’arredo minimalista gioca con un verde smeraldo, chiaro e rilassante, che scende timido dalle tendine leggere – simili ai tradizionali noren – e si riversa sul bancone in grigliato di vetroresina dal design unico: un’elegante sobrietà che ci ha ricordato con gioia il viaggio a Kyoto di qualche anno fa.
Subito i nostri occhi sono stati catturati dall’invitante pasticceria giapponese, tra cui l’Anpan (2,50 euro) ripieno di pasta di fagioli rossi anko, che, forse lo saprai già, sono dolci. Se invece avessi voglia di una bomba salata, sappi invece che il Curry Pan (4,00 euro) è imbarazzante. Attraente intendiamo.
Nel frattempo, il signore anziano in coda davanti a noi starà ancora cercando di capire se abbiano mescolato lo zucchero coi fagioli…. Comunque sia, il menù è pensato per essere accessibile ai gusti di tutti e spazia dalle baguette ai pain au chocolat.
Beh, noi alla fine, per restare leggeri in vista delle prossime tappe, abbiamo optato per dei cornetti alla francese friabilissimi senza farcitura (2,00 euro), che abbiamo divorato seduti all’aperto lì davanti, su una delle panchine tra le aiuole in fiore, sorseggiando un caffè filtro monorigine di cui perdonaci ma non ricordiamo la provenienza (4,00 euro).
Fatta colazione, ecco due consigli due per uno spuntino veloce a spezzare la giornata…
Macelleria Sirtori
Pensiamo sia impossibile passeggiare lungo via Paolo Sarpi, nel vivacissimo quartiere di Chinatown, senza essere attratti da questa bellissima macelleria con l’ingresso tutto rosso e la scritta bianca in corsivo. Aperta nel 1931 (una targhetta in ottone indica che è una bottega storica meneghina) dalla famiglia di Walter Sirtori, da pochissimi anni è passata nelle mani di Agie Zhou, il proprietario dell’adiacente Ravioleria Sarpi, dando vita una proposta gastro-culturale di inclusione italo-cinese: ingredienti italiani che incontrano le ricette della tradizione cinese.
E infatti ci siamo fermati per assaggiare un’interessante novità, simbolo di questo connubio: lo spiedino di manzo da passeggio “Via della seta” (7,00 euro), su cui ti consigliano di aggiungere un po’ di cumino per dare un ulteriore tocco esotico. Ovviamente è anche possibile mangiare all’interno.
Bar Quadronno
Uno di quei pochi autentici bar dove mangiare un panino al volo. Lo trovi all’angolo dell’omonima via, a pochi passi dalla magnetica e a volte spettrale Torre Velasca. L’arredamento a linee curve in legno caldo è rimasto intatto, facendo respirare ancora il profumo degli anni ’60.
Siccome avevamo voglia di qualcosa di classico, abbiamo ordinato il nuovo re dei panini meneghini: l’intramontabile toast. Anche perché ultimamente se ne sta parlando tanto, dato che gli chef di tutta Italia si stanno sbizzarrendo in svariate rivisitazioni. L’hai notato anche tu, vero?
L’attesa prima di addentare qualcosa non è stata breve, anche a causa dell’affluenza garantita dal vicino ospedale: tanti ordinano aggiungendo frasi tipo “Veloce, perché devo tornare da un parente che è ricoverato qui”.
Al prossimo giro proveremo certamente uno dei panini speciali con il prosciutto di Praga, tra i più richiesti. Panini a partire da 9,00 euro, toast da 6,00. Fanno anche asporto.
… giusto prima di uno splendido pranzo!
Ristorante a gestione familiare, è la casettina a due piani posizionata al caotico incrocio di Brera, vicino al Teatro Piccolo. L’interno in legno scuro è sia accogliente che chic, mentre la cucina appare contemporanea, ma prevede anche diversi piatti della tradizione meneghina.
Preparati da mani sapienti, siamo partiti da un bel piatto di fiori di zucca ripieni di formaggio caprino per poi proseguire con uno dei must della casa, il riso al salto con fonduta di taleggio (euro 18,00), prima di annegare in una succulenta cotoletta, di medie dimensioni, non un’orecchia di elefante, ma la migliore assaggiata finora (euro 35,00).
Nonostante l’ampia e ricercata carta dei vini (con prezzi a partire da 25,00 euro), avevamo già in mente di stappare un vino della Giuseppe Rinaldi, forse una freisa, ma essendo esaurita, la scelta è ricaduta sulla sua Barbera d’Alba 2020, un vino espressivo delle Langhe, dritto, con profumi di sottobosco, speziato e bello fresco al palato: non c’erano dubbi sul fatto che si sposasse bene col cibo ordinato.
Se il servizio è risultato cortese e veloce, ci è solo mancata un filino di empatia in più, aspetto che per noi spesso fa la differenza. Peccato…
Lo trovi aperto tutti i giorni pranzo e cena.
Beh, finito di pranzare era già il momento di cominciare con gli aperitivi. Dura la vita milanese, vero?
Bar Basso
Il bar dall’iconica insegna rossa al neon, per un tuffo nella Milano da bere anni ’60, il cui fascino trascina questo locale ormai per inerzia. Difatti gli arredi sono ancora quasi tutti originali, oggi decisamente vissuti. Chissà quanti personaggi si sono seduti su quelle sedie o hanno chiacchierato al grande bancone.
Sicuramente devi passare a bere l’aperitivo per eccellenza della casa: qui, nel 1972, da un errore vincente del barista Mirko Stocchetto, si racconta sia nato il Negroni Sbagliato, diventato poi popolarissimo dagli anni ’90 con la moda dei cocktail bar. Ci piace poi anche perché viene accompagnato rigorosamente da patatine e olive verdi, un aperitivo semplice dal sapore malinconico. Ah, se vuoi osare invece dovresti chiedere lo Sbagliato nel bicchierone, servito veramente in un mega calice: ti scapperà da ridere quando arriverà al tavolo e riderai ancora di più dopo averlo bevuto tutto. Senza aiuti però. Cin cin!!
A spaccare il capello in quattro, non possiamo negarti che il servizio non ci fa impazzire, cerchiamo infatti sempre di essere serviti dallo storico cameriere Graziano che ha un’ironia sottile tutta sua, e che eviteremo di riordinare i toast, dato che l’ultima volta hanno impiegato 30 minuti ad uscire dalla cucina senza peraltro essere memorabili.
Un aperitivo che finisce sempre per diventare cena. La prima della serata.
In zona Porta Romana, il Bar Paradiso è un bar à vin senza insegna, ma riconoscibile dalla fiammante tenda da sole rossa. Probabilmente ti sembrerà un bar di quartiere anni ’60, eppure è aperto solo da pochissimi mesi!
L’hype è a manetta, ma in certi casi come questo – passaci il termine – sticazzi. Il merito va ai soci Saro Pomario e Maurizio Tentella, uno siciliano e l’altro marchigiano che hanno unito la passione per i vini buoni con una geniale capacità di comunicazione dovuta anche alla vita lavorativa di ciascuno nel campo della moda.
Beh, che rimanga tra noi: il vero Paradiso è sottoterra nascosto da una botola. Un vero effetto “wow”, parola che avremo pronunciato almeno 20 volte guardandoci intorno e sentendoci come al centro di uno stadio affollato con tutte le bottiglie che facevano il tifo dagli spalti: “Be-ve-te! Be-ve-te!”.
L’instancabile maestro di cerimonia in sala è Andrea Chinosi, già noto tra i bevitori per le sue precedente esperienze in altri locali, tra cui Vinoir; a lui potrai affidarti senza remore, se invece vai di fretta, non preoccuparti, ci sono sempre tante interessanti etichette al calice.
Hai notato la vetrinetta del bancone piena di invitanti leccornie? La cucina, fredda, è un “inno italiano”, offre piccoli piatti realizzati con materie prime provenienti da vere eccellenze italiane, anche meno popolari, tra cui ritroviamo due tra i nostri prodotti marchigiani preferiti, come i salumi di Passamonti e il ciauscolo di Monterotti. E poi al bar Paradiso nel menù trovano spazio la crescia di Urbino (8,00-14,00 euro) e la superba torta di rose di Cascina Lago Scuro servita calda con sopra la culatta di montagna di Bodria appena tagliata (12,00 euro), di cui ci siamo avidamente ingozzati, riordinandola più volte…
Qual è stata la bottiglia stappata più emozionante? Beh, dopo averlo cercato invano nei nostri ultimi viaggi in Francia, alla fine bastava venire qui: il Pernand-Vergelesses 2022 (Chardonnay) di Maison Skyaasen, ovvero di un piccolissimo negoce nato a Mersault nel 2019 per volere dei coniugi Joachim e Olivia, lui norvegese e lei californiana. Un vino espressivo figlio della “nuova” Borgogna, elegante, teso, corredato da una leggera nota amara finale assai piacevole. Tra l’altro ci ha ricordato la storia simile di un altro micro-negoce di Borgogna, Le Grappin dei coniugi Nielsen (lui australiano e lei inglese), che ti consigliamo di provare qualora lo beccassi in giro.
Quindi cos’è questo posto di cui si parla tanto e dove gravitano PR, influencer e roba simile? È un posto normale, ma guai a definirlo banale. E con dei vini della Madonna! Anzi, della Madunina!
La seconda. Sì, la seconda cena.
Sebbene Trippa sia il noto ristorante in zona Porta Romana di cui ti aveva già raccontato alcuni anni fa Andrea qui, vorremmo raccontarti anche noi due parole. Ok?
Nonostante Pietro Caroli e Diego Rossi non ne potranno più di sentirselo dire, è bene mettere subito in chiaro che per riservare un tavolo dovrai impegnarti, non poco. Ma ne varrà la pena, fidati.
Noi, per goderci lo spettacolo della brigata al lavoro in cucina, abbiamo prenotato due sedute al bancone.
Tra i tanti assaggi, la trippa fritta si è confermata indimenticabile… Come dessert. Quale dessert? Il midollo alla brace. Spaziale.
Ecco, giusto ancora una piccola postilla sulla carta dei vini: decisamente migliorata rispetto a quanto ci era stato riferito da altri amici bevitori. Anche grazie all’ottima servizio riservatoci da Radi, sommelier di origini iraniane che ci ha consigliato un Artemis 2020 di Domaine de la Roseraie, vigneron “naturale” della Borgogna. Cremoso ma fresco, dalla piacevole lunghezza in bocca.
Poteva mancare il cocktail della buonanotte?
Ristorante e cocktail bar d’ispirazione nipponica dall’ambientazione davvero figa, distribuito sui vari piani di un intero palazzo di Chinatown. Non a caso è stato ideato da Salva tu alma, studio dove spiccano i fratelli Leonardo e Jacopo Signani, nostri compaesani già noti in città per il ristorante Pacifico di via Moscova.
Qui nessun dettaglio è lasciato al caso e sembra davvero di essere dall’altra parte del mondo. Potrai vivere l’ultima tendenza dei listening bars, dove il bere bene è accompagnato da ottima musica, oppure scatenarti nelle stanze private con il karaoke (su prenotazione), proprio come in Giappone.
Insomma, il divertimento è assicurato per chi è amante del genere.
Con un po’ di fortuna ci hanno fatto accomodare a un tavolo del Piccolo Ronin, il bar situato al piano terra, dove era disponibile una drink list ispirata ai quartieri di Tokio (a partire da euro 12,00/cocktail). La nostra scelta, rivelatasi azzeccatissima, è andata su uno a base di mezcal “Vida” Del Maguey… Sì, lo sappiamo che il mezcal non è molto giappo!
Bene, il tempo stringe ed arrivato il momento di tornare in stazione per il treno della sera che ci riporterà a casa. Stanchi ma sazi, quasi troppo, e contenti. Molto contenti. Alla prossima!
Nati a Carrara nei primi anni 80, non siamo altro che due appassionati di vino a tempo pieno e lavoratori in tutt’altro settore nel tempo libero. E infatti spendiamo tutto ciò che guadagniamo in vino, viaggi e pezzi di Modernariato con la m maiuscola. Da quando poi il nostro girovagare si è concentrato su etichette artigianali e buona cucina, anche e soprattutto grazie alle persone incontrate, ogni esperienza è risultata indimenticabile, rendendo inutile, oltre che praticamente impossibile, realizzare una classifica dei nostri posti preferiti. Se da sempre, per condividerne emozioni e ricordi, scriviamo a penna, con grande piacere, piccole guide per gli amici, adesso è arrivato il momento di farlo virtualmente qui su Enoplane.com. Pronto a partire con noi?