La visita in cantina da Cascina Fontana non è altro che l’inizio di un piccolo viaggio, nel Barolo ma non solo, nato dall’incontro tra il mio atavico amore per i vini che nascono su quelle splendide colline e l’amicizia con Yuri Marchi, un giovane toscano che ha avuto il coraggio di seguire il suo cuore stabilendosi a Dogliani per interpretare quell’affascinante professione che oggi quasi sviliamo banalizzandola con la parola “enotecario”, ma che, includendo osti e sommelier, sarebbe più opportuno definire come “i custodi delle storie del magico mondo del vino”. Proprio come quelle che proveremo a raccontarti assieme qui su Enoplane.com a partire da oggi. Buona lettura.
Mario Fontana ci attendeva per la visita in cantina intorno alle 10. Finalmente stavo per conoscere il vigneron dietro ad alcuni dei Barolo più entusiasmanti che mi era capitato di assaggiare dagli inizi della mia passione per il Re dei vini sabaudi. Ho aggiunto “sabaudi” per non offendere nessuno, eh.
Già la via scelta da Yuri per raggiungere Cascina Fontana dalla sua enoteca di Dogliani, Il Vinoso, sarebbe bastata a dare un senso alla giornata. Una di quelle strade di Langa dove passi solo se hai intenzione di perderti, di esplorare. Dove, per un foresto come me, l’infinito della poesia, del vino e della natura, suona così alto e palpabile da togliere il fiato.
Mentre in macchina, lui provava a ragguagliarmi con cognizione di causa sulla zona da cui, ahimè, mancavo da troppo tempo, io, completamente rapito dalla magia del paesaggio, faticavo a mettere a fuoco. Come un innamorato. “Eh?”, “Cosa?”, “Come?”…
Beh, neanche 20 minuti dopo, eravamo già a Perno, la piccola frazione di Monforte d’Alba, a godere del fresco della cantina, con Mario, intento a raccontarci di quando, anni fa, praticamente chiunque nel Barolo, per aiutare l’allegagione del Nebbiolo, teneva al centro di ciascun vigneto uno o due filari di Freisa. Motivo per cui non c’era produttore che non ne imbottigliasse un po’. Poi, quando le nuove leggi hanno, penso insensatamente, impedito questa innocua e tradizionale pratica contadina, piano piano, nessuno l’ha più prodotta, lasciando gli appassionati di questo generoso vitigno piemontese più o meno a bocca asciutta. Ah, lui da qualche anno ne produce di nuovo una, davvero molto piacevole, dalle sue vigne situate vicino alla cantina.
Sentendolo parlare non ho potuto fare a meno di pensare a quanto spessore, umano e culturale, ci fosse dietro a quell’uomo. Il tutto condito da una spruzzata di elettricità, di Rock ’n’ Roll. Negli occhi e nella parlata. Che rendeva l’ascolto quasi, passami il termine, “tossico” per quanto risultasse piacevole e magnetico, gustoso.
Dopo avere quindi compreso il perché Yuri avesse deciso di far cominciare il nostro piccolo viaggio in Langa proprio da lì, mi sono poi ricordato di quando assaggiando, poco tempo fa (sì lo so essere presto, ma per capire qualcosa bisogna pur bere… O no?), il suo Barolo 2016, un assemblaggio delle uve di famiglia provenienti da Castiglione Falletto (Vigna Valletti/Cru Mariondino e Cru Villero) e La Morra (Vigna Gallinotto/ Cru Giachini), avessi pensato al grande livello di dettaglio che quello splendido vino esprimeva, come solo il Nebbiolo e pochissime altre uve sanno fare. Così elegante nel suo essere austero, eppure per quanto mi riguarda, paradigmatico per agilità del sorso, dotato di un eco minerale e di una pregiata trama solida.
Ancora sorrido, ricordandomi di come, tra il primo e il secondo sorso, ascoltando in sottofondo Little Wing di Jimi Hendrix abbia pensato quel brano potesse essere uno dei suoi migliori abbinamenti, addirittura, per certi versi, una sua splendida fotografia: struggente, piuttosto complesso, di certo suggestivo. Che poi potresti obbiettarmi di come sarebbe più opportuna l’associazione con un chitarrista classico, ma… Credimi per questa volta. Dai.
Adesso però torniamo alla visita in cantina… Mentre ci faceva assaggiare qualcosa, abbiamo approfondito anche il suo essere vignaiolo: la conduzione della vigna, dove si cerca di farla scendere oltre i 2 mt di profondità per diversi motivi tra cui, per esempio, il meglio sopportare l’essicamento causato dall’innalzamento delle temperature, l’estrazione soffice senza maciullare le bucce, per poi macerare a lungo con cappello sommerso in cemento così da educare i tannini, l’assenza di qualsivoglia filtrazione o chiarifica e in generale una miriade di accorgimenti atti al rispetto di quella materia prima per cui ogni anno si fa il mazzo.
Insomma, adesso che gli ettari sono diventati 7 e le bottiglie, tra Dolcetto, Barbera, Freisa e Nebbiolo, circa 40.000 o poco più, ci spiega di essere soddisfatto, che va bene così. Se c’è un insegnamento che la famiglia gli ha trasmesso è proprio quello di “fare poco vino per non doversi poi piegare al mercato, al dio denaro”. È proprio per questo, oltre che grazie a “un vecchio importatore belga, un po’ pazzo, che amava la Borgogna”, se, anche quando tutto il mondo cercava Barolo colorati, concentrati e… Cascina Fontana ha potuto sopravvivere continuando a produrre vini autentici che incarnano la tradizione di Langa. Ne sono un perfetto esempio il verticale Barolo del Comune di Castiglione Falletto 2019 (prima annata prodotta 2015) o il nuovissimo Barolo del Comune di Monforte, sempre 2019, la prima annata dell’etichetta, nata da un quarto di ettaro di vigna recuperata a Perno, che porta con sé una chiara carica identitaria dimostrandosi carnoso, deciso, ricco di materia. Caratteristiche che hanno spinto Mario a vinificare quell’uva separatamente dal suo classico Barolo.
A proposito: grazie alla puntuale domanda di Yuri, queste sono le sue brevi note sulle nuove annate del suo vino più iconico:
- Barolo 2019: austero, grande classicità;
- Barolo 2020: fine, elegante e di bella freschezza;
- Barolo 2021: grande ricchezza del frutto;
- Barolo 2022: tannino molto importante, frutto croccante, bei profumi.
Infine, adesso immagino ti potrebbe interessare sapere che la storia della cantina inizia 6 generazioni addietro, nei primi anni del 1800 e prosegue sino a metà secolo quando i due fratelli Fontana decidono di separarsi. Per evitare qualunque tipo di disputa, il più anziano effettua le parti e il più giovane sceglie, preferendo una maggior dotazione di terreno alla proprietà immobiliare. Il primo conserva quindi il nome, Cascina Fontana, mentre il secondo, in virtù della sua giovane età, decide di chiamare la nuova azienda con un diminutivo: Cascina Fontanin. Negli anni novanta però, in seguito alle difficoltà palesate da uno dei due rami, il nonno di Mario, Saverio, quello che lui definisce il suo più importante maestro, si adopera nella riunificazione delle due parti sotto Cascina Fontanin. Tuttavia, quando nel 1992 viene a mancare, Mario che già a 17 anni aveva mollato gli studi per lavorare in azienda, con la temerarietà che lo ha sempre contraddistinto, inizia a pensare di mettersi in proprio. Nel 1994 infatti si fa carico della gestione dei terreni storicamente appartenuti a Cascina Fontana conservandone il nome. Sua sorella Livia acquisisce invece la parte restante. Se nel 1995 è costretto a far cassa vendendo tutta la produzione come vino sfuso, è nel 1996 che escono finalmente le sue prime bottiglie.
Il presente è storia nota: ad affiancarlo nella gestione dell’azienda agricola, oltre alla moglie Luisa e al figlio Vasco, oggi, in quella che sembra più una famiglia allargata che un organico aziendale, ci sono anche Marisa Bacher e Gabriele Rigozzi, due fidati collaboratori che… Il resto puoi scoprirlo tu stesso, magari andandolo a trovare in cantina. Devi solo fare attenzione a non disturbarlo nei pochi giorni in cui, con il suo Volkswagen Bulli blu, se ne va in giro per l’Italia in cerca di avventure. Lo immagino con un po’ di buona musica in sottofondo, i capelli al vento. La stessa gioia di vivere che io e Yuri abbiamo potuto assaporare durante questa splendida mattinata alla scoperta di una delle imprescindibili perché autentiche realtà del Barolo. Grazie Mario.
Cascina Fontana
Località Perno
12065 Monforte d’Alba (CN)
+39 0173 789005
www.cascinafontana.com
Nato a Genova non troppi anni fa (più o meno), passo l’adolescenza a chiedermi perché abbia sempre preferito un raviolo cotto sulla stufa a un’exogino, o ancora cosa mi avesse spinto, ancora infante, a scolarmi tutti i fondi di Moscato d’Asti lasciati incustoditi dagli adulti, dopo il brindisi di capodanno, incappando nella mia prima ciucca. Intanto, diventato prima Sommelier Professionista AIS e poi Assaggiatore ONAF, dopo svariate esperienze nel mondo della ristorazione, tra cui il servizio dei vini al ristorante “La Terrazza” del Belmond Hotel Splendido a Portofino, dall’ottobre del 2016 sono entrato a far parte dell’Elenco regionale degli Esperti Degustatori dei Vini D.O.C. presso la Camera di Commercio di Genova per poi bla bla bla… Perdonami, mi sto annoiando da solo. Beh, ti prego di mantenere il segreto, ma sappi che ancora oggi, nonostante sospetti sia colpa degli uomini della mia famiglia, del nonno paterno, commerciante di vino in giro per il nord Italia, di quello materno, agricoltore, combattente e scrittore, e di mio padre, agronomo mancato con il tocco per la fotografia (che io non ho), continuo a chiedermelo qui su Enoplane.com.