Durante il mio avvicinamento al mondo del vino ho contratto una sottile passione per le guide del settore; mi piaceva sfogliarle sul divano, provare a ritrovare, o a smentire, nel mio bicchiere le sensazioni e i concetti che esprimono (per un momento facciamo finta che tutte le polemiche su verità, bontà e buona fede delle succitate non siano mai esistite. Non voglio rovinarmi la poesia del rimembrare…).
Inoltre, quando parlo con qualcuno di vino mi piace chiedere qual’è la bevuta della vita, la bottiglia indimenticabile e in qualche modo preferita. Le risposte dei miei interlocutori sono spesso un “non lo so” o un piccolo elenco impreciso.
Un po’ di anni fa
Uno dei miei enomentori una volta mi disse: “Tutti ne parlano, ma i grandi vini non si bevono mai, più o meno come era un tempo con le belle del paese.”
Aprile, 20XX
Io: “Qual’è il primo vino che hai sentito diverso? Più buono.”
MB, dopo qualche attimo: “Il Carmignano di Capezzana. Pensa che è l’unico vino che ho mantenuto in carta nei miei due locali comprandone, credo, tutte le annate. O comunque non è mai mancato. Non c’è una ragione particolare, mi è piaciuto e mi ci sono affezionato.”
Io: “E il tuo vino preferito?”
MB, senza esitazione: “Amarone Dal Forno! Altro passo! Anni fa, con il lumacone e mio cugino, mi era presa la mania e, a turno, ne compravamo una che ci scoppiavamo dopo lavoro, alle due di notte, mentre cenavamo. Che goduria. Ne abbiam bevute di robe, ma quello è stato il top. Erano altri tempi, ahahahahaha, non c’era la crisi.”
Ottobre, 20XX
Sto tornando a casa dal lavoro, per staccare un po’ penso ai vini che non ho ancora bevuto e che “prima di morire” mi piacerebbe assaggiare almeno una volta nella vita.
Château d’ Yquem…
Romanée- Conti…
…
…
Amarone della Valpolicella “Monte Lodoletta” di Romano Dal Forno…
…
Cavolo, quanto è lunga! Mi sa che non ce la faccio… sigh sob.
Dicembre, 20XX
Magari non compro più, ma quando mi capitano tra le mani mi piace ancora sfogliarle.
Avevo davanti I Vini di Veronelli 20XX.
La prima cosa che ho fatto è stata cercare i vini con il punteggio più alto e quindi ritrovare i compagni più assidui di questi momenti di giubilo, tra cui lui… sempre lui…
Caspita, quest’anno, manco fosse la prima volta, il punteggio più alto è il suo.
Molte volte
Quando entro nel locale di MB, prima o poi, mi cade l’occhio su una certa mensola dove sono tenuti i vuoti di alcune bottiglie che ha/abbiamo bevuto e che vuole ricordare, o i vini ancora da stappare che si è comprato o gli sono stati regalati.
Novembre, 20XX
Su Winestories, uno dei blog che seguo, è stato pubblicato un ritratto di Romano Dal Forno. I lavori di Mauro Fermariello mi stupiscono sempre per bellezza e pulizia. Divorandolo, emerge un Romano Dal Forno che si erge a controllore della saggezza popolare locale attraverso i mezzi concessi dalla scienza e dalla tecnica, una figura che mi incuriosisce, che mi dà un’idea di concretezza, una concretezza che vuole essere marchio di fabbrica, che funziona anche come e forse più di certi altri tipi di marketing.
Dicembre, 20XX
Cos’è quella bottiglia? Sulla solita mensola si è appena materializzata una bottiglia di Amarone della Valpolicella “Monte Lodoletta” 2006 di Romano Dal Forno! Magnetica, non riesco a smettere di guardarla.
MB: “Ieri mi sono fatto un regalo. Mi si è presentata l’occasione e non ho saputo dire di no. Fan…., c’è una vita sola e poi ne avevo proprio voglia!”
Io: “…”
MB: “Questa ce la beviamo io e te con qualche pezzo di formaggio come si deve…”
Io: “Ma va! Bevitela tu, bevitela con tua moglie, con tua figlia…”
MB: “C…. dici: mia moglie ormai non beve e mia figlia ha quattordici anni. Cosa vuoi che gliene freghi?!?”
Io: “Ok, allora bevitela da solo. Io passo.”
MB: “Dai, dimmi quando hai tempo così mi organizzo e compra il formaggio!”
Io: “Ciao Elio.”
Elio: “Ciao Andre.”
Io: “Mi dai quattro salumi, un etto per ognuno, e quattro pezzi di formaggio in scala ma tutti belli saporiti e persistenti?”
Elio: “Che ci devi fare?”
Io: “Serata con Marco.”
Elio: “Eheheh, ok, ci penso io.”
I salumi: Pancetta Arrosto, Prosciutto Crudo Toscano, Cicciolata e Mallegato (le maiuscole sono un vezzo).
I formaggi: Cime di Vezzena (Elio: “Visto che siam nelle feste assaggiatevi anche questo, omaggio della casa! Poi tutti a dieta”), Brie di Meaux, Morbier, Blu di Corsica e Gorgonzola Naturale.
Quella sera
MB: “Cos’hai?”
Io: “Sono teso.”
MB “???”
Io: “Ma… sei sicuro? Perché non te lo bevi da solo? Dai. Beviamoci un… stasera. Questo poi te lo bevi a Natale.”
MB: “Dai, stappa.”
Io: “No no! Fai tu, non ci penso neanche. Stappalo, assaggialo… poi quando sei pronto me ne versi un po’, pochino.”
Bottiglia: “Plop”
Sacralità.
MB: “Argh… è lui!”
Quando qualcuno assaggiando un vino esclama “è lui!” non posso fare a meno di provare, celatamente, un intimo attimo di piacevole ilarità: il papà di una mia ex-fidanzata ogni volta che stappava e assaggiava un vino non poteva fare a meno di esclamarlo per celebrare la sua dubbia conoscenza. Chiaramente questo non era il medesimo caso.
Io: “Cxxxx”
MB: “Eh?”
Io: “Certo che il bicchiere fatica a contenerli ‘sti profumi, che intensità!”
MB: “Eheheheh”
Basta guardare MB per rendersi conto della sua felicità in questo momento, del piacere che l’Amarone della Valpolicella “Monte Lodoletta” di Romano dal Forno gli dà. Anzi no! Non serve guardarlo: si possono anche chiudere gli occhi e ascoltare il momento.
Se c’è un vino preferito per ognuno di noi, questo è il suo.
Ah, anche a me non dispiace.
Io: “Dai, ne verso un bicchiere a te e mezzo a me che voglio capire di più… Ma no!!! È già finito? Figurati?”
MB: ”Capito?”
Io: “Sì.”
E ora? Ho letto molte volte di grandi vini che nonostante il blasone e lo straordinario attacco gusto-olfattivo faticano a essere consumati. L’Amarone della Valpolicella “Monte Lodoletta” 2006 di Romano Dal Forno è finito senza che ce ne rendessimo conto, più che altro senza che potessimo farci niente.
Vorrei tanto riassaggiarlo una seconda volta quel 2006, ma anche aver il piacere di poterne degustare altre annate, sapere come invecchia, capire quando si stanca – anche se in questo momento fatico a crederlo possibile… – e avere la possibilità di conversare con il suo genitore che, come ogni genitore, conosce i suoi figli meglio di chiunque altro.
Beh, mai dire mai!
Ora posso cancellare una voce dalla mia lista.
Grazie MB.
Amarone della Valpolicella 2006, Romano Dal Forno
Informazioni su uve, terreno, vinificazione e affinamento le puoi trovare qui.
Appunti di degustazione: un rosso rubino impenetrabile e intenso, vivace. Profumi di frutta matura a polpa rossa, cioccolato e tabacco. Complesso e di grande fascino, impetuoso. In bocca si percepisce una splendida concentrazione del frutto e tannini vellutati. Spiazzante per bontà e corpo e scusate se ripeto, ma spiazzante per bontà e corpo. Invade la bocca, non la abbandona. I 17 gradi non devono spaventare. Non risulta mai stucchevole apparendo ancora immortale.
Difficilmente abbinabile se non con formaggi saporiti e persistenti, ma godibile a prescindere.
Punteggio in centesimi: Eheheheh
Le foto della vigna e di Romano Dal Forno sono state scelte e fornite dal produttore.